venerdì 25 dicembre 2015

Il nuovo è sempre buono?

In uno dei furori giovanili il poeta Rimbaud esclamava che  "il faut etre absolument moderne" perchè anche un'anima inquieta come lui pensava che il futuro sarebbe stato migliore del presente. Ma poi le cose non sono andate proprio così e la connessione automatica modernità-scienza- progresso-benessere è andata via via sbiadendosi fino alla profonda incoerenza dei concetti espressi ed alla loro riconosciuta contraddizione palese e non più celabile. Progresso non vuol più dire benessere e superamento dei nostri bisogni, il nuovo non è più una certezza di felicità come per anni il positivismo e poi la società della tecnica ci avevano fatto credere, il nuovo può  diventare una gabbia da cui è difficile uscire, con bisogni sempre nuovi o con subdole falsifacizioni della percezione per cui tutto ciò che ci viene offerto è indispensabile o non rinviabile, pena, l'esclusione dal futuro. E tutto questo non riguardo solo merci, prodotti, servizi, ma anche i messaggi che la governance invia alla gente, l'ideologìa del "nuovo" si è impossessata dei media e la usa come un bastone. Quante volte abbiamo sentito "Noi siamo il nuovo e chiunque ci sbarra la strada è il vecchio"? Tante, troppe volte, ma perchè sono così sicuri di interpetrare il nostro futuro dal loro e solo dal loro punto di vista? Perchè quando parlano di "nuovo" si riferiscono al loro modo di vedere le cose che però viene fatto passare per l'unico possibile ed immaginabile. Il loro cavallo di Troia sono le sacre scritture, cioè tesi  indiscutibili ed oggettive, cioè valide per tutti, in qualsiasi periodo e luogo. Parlano di scienza ed economia come se fossero dei concetti monolitici, unici, quando invece sappiamo da quasi due secoli che non è così: ci sono Le scienze e le Economie in profonda contraddizione tra di loro. Ma questo non bisogna farlo sapere troppo in giro sennò come si fa ad andare in televisione e dire" il cambiamento siamo noi"?

mercoledì 23 dicembre 2015

Informazione e sedia

Ci sono momenti in cui è bello aprire un libro e cominciare a leggere. Anche senza una scelta precisa, magari il primo che ci viene sottomano, sui vasi attici, sulla vita degli insetti o sulle correnti ascensionali. Evitando così, in modo accurato giornali ed altri liquami simili. Può essere e probabilmente è una scelta obbligata, di ripiego, ma salutare. Il livello infimo dei nostri grandi fogli nazionali induce alla cultura, spinge alla lettura di altro, di qualsiasi altra cosa che ci allontani dal ciarpame degli editorialisti di turno, dalle notizie pulite lavate sciacquate rifilate nelle prime pagine. Possiamo salvare qualcosa? Le pagine meteo, interessanti e complete. Altrove è così? Si, ma come al solito quando facciamo le cose le facciamo alla grande, per esempio nei giornali esteri non metterebbero mai tutti ma proprio tutti in bella evidenza, la stessa foto del gattino parlante o della coppia del momento che fa shopping. Cambierebbero almeno la foto. Questo per dire del contorno, il piatto principale poi è assolutamente vergognoso, un pastone indigesto in cui praticamente passa un unico comunicato stampa, con variazioni minime. Questo è giornalismo? Questi sono giornalisti? Avanti di questo passo dovremmo farci un elenco, una lista dei libri da leggere nel tempo lasciatoci libero dalla mancata lettura dei quotidiani. Avanti così, e quasi quasi ci facciamo una cultura

mercoledì 16 dicembre 2015

La legge del mercato

C'è ancora nelle sale cinematografiche un bellissimo film francese che parla di noi, di ciò che siamo diventati. In sostanza un buon padre di famiglia in età ormai molto matura, si ritrova senza lavoro e con un fututro nerissimo per sè e le persone che gli sono vicine, così, in una tale situazione, accetta quello che gli offrono e cioè un posto di addetto alla sorveglianza in un centro commerciale. Non è nelle condizioni di poter rifiutare perchè sa di non avere altre possibilità, è l'ultima occasione di poter rientrare in gioco ma da subito capisce che non è stata un'opera di carità perchè quello che gli si richiede è tanto, troppo per qualsiasi persona dotata di un minimo di umanità. Gli sfilano davanti persone piccole e miserabili, ultimi degli ultimi che deve denunciare alla direzione, ma non è finita, perchè poi si passa ai dipendenti che devono essere licenziati, lui deve trovare il motivo e la giustificazione: miseri furti di buoni premio o punti qualità ma puniti con l'allontanamento dal lavoro. In quel momento capisce che ciò che si vuole veramente da lui è l'annullamento della sua coscienza, che diventa proprietà dell'azienda che gli dà il lavoro.Proprio in questi giorni, le cronache ci offrono di peggio, roba quasi da non credere possibile in esseri umani. Quando una banca sta per fallire si attivano dei meccanismi quasi automatici: silenzio dei media e pulizia delle feci di bilancio che vengono rivendute a clienti ignari. E qui scatta l'infame corsa al correntista, tenera carne da sbranare. Gl'impiegati non hanno scelta, devono liberarsi del maggior numero di prodotti a rischio ed al più presto, in cambio ne hanno dei vantaggi economici ed eventuali promozioni, ma in caso di rifiuto o di scarso rendimento, c'è il licenziamento. Quando arrivano gl'ispettori e fanno notere anomalie nelle procedure, questa brava gente, riconvoca gli stessi ignari correntisti e gli fa firmare, in mezzo ad altri mille fogli inutili, il modulo in cui viene evidenziato l'alto rischio dell'operazione, così tutto è nella norma e nessuno pagherà o proverà mai il minimo senso di vergogna

martedì 8 dicembre 2015

la politica del (che) fare

Un altro tassello si aggiuge al quadro di priorità , generate dalle necessità della storia. Anche in Francia, dopo Germania, Italia, Grecia, Paesi del nord e Spagna si ipotizza una coalizione di salvezza nazionale con socialisti e repubblicani uniti. A questo punto, c'è veramente da chiedersi, ma perchè chiamare milioni di persone al voto quando poi non c'è alternativa? Non c'è scelta, perchè il prodotto è unico? Si criticavano i supermercati della vecchia Unione Sovietica perchè lì comperavi solo quello che c'era, cioè quasi niente, scaffali vuoti e merce scadente ma noi stiamo facendo di peggio e non con i formaggini od il puliscitutto, ma con la politica, svuotandola e rendendola praticamente inutile. Qualcuno aveva ipotizzato questa svolta autoritaria a livello continentale ma non era stato preso molto sul serio, in effetti il guscio , per adesso è rimasto con le elezioni, i rappresentanti, le istituzioni ma dentro non c'è rimasto niente, è vuoto ed inutile. E' lecito chiedersi se non siamo giunti al capolinea, dopo più di 200 anni il modello rappresentativo mostra la corda e se ci sono stati momenti in cui ha funzionato più che egregiamente, adesso è  come se fosse andato in tilt perchè è facilissimo per chi ha accesso ai livelli alti della governance, creare, letteralmente dal niente, una classe dirigente, eletta, che senza grosse differenze tra maggioranza e minoranza, esegua i suoi ordini, uno per uno, senza dimenticarne nessuno, ed in pochissimo tempo. Dei robottini obbedienti pronti ad essere rottamati al minimo dubbio di  di autonomia. Uno studioso ha pensato che la cosa migliore sarebbe sorteggiare i futuri politici. Se ci pensiamo bene, non è un'idea tanto malvagia.